Zaia: “Green Pass, cambiare il decreto o a migliaia perderanno il lavoro”

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“Lei non ha idea del caos che scoppierà nelle aziende il 15 ottobre”, dice Luca Zaia al telefono dal Veneto di cui è governatore.

È preoccupato per l’introduzione del Green pass nel mondo del lavoro? 
“Sì, perché non saremo in grado di offrire a tutti i non vaccinati un tampone ogni 48 ore. Gli imprenditori con cui parlo io sono preoccupatissimi”.

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Quanti sono i non vaccinati nel Veneto?
“Le dico prima quanti sono i vaccinati: l’84 per cento degli over dodici ha fatto almeno la prima dose. È un risultato di cui vado fiero. Abbiamo utilizzato 7 milioni di dosi. E grazie alla vaccinazione l’economia vola. La crescita è a due cifre. Abbiamo fatto un’estate migliore di quella prima del covid. Le aziende scoppiano di salute, non trovano personale”.

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E adesso mi dica quanti sono i No Vax?
“Sono 590mila, nella fascia compresa tra i 18 e i 69 anni. Poniamo che la metà di loro lavori. Ebbene, noi in Veneto, facciamo circa 50mila tamponi al giorno per i positivi e i loro contatti stretti, più altri 11mila nelle farmacie. Sono 60mila test. Come può vedere non c’è la capacità di controllare tutti i non vaccinati ogni due giorni”.

Perché difende chi non si vaccina? 
“Non li difendo affatto. Non si tratta di contestare il Green Pass, bensì di guardare in faccia la realtà: gran parte di questi 590mila probabilmente non si vaccineranno mai, e del resto una quota di scettici c’è in tutti i Paesi per qualsiasi vaccinazione”.

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E quindi, che cosa propone?
“Dico al governo di affrontare subito di petto il problema, e di abbandonare l’ufficio complicazioni degli affari semplici. Consentire cioè di fare i test fai da te nelle aziende, con la sorveglianza delle imprese”.

Cosa intende con test fai da te?
“I tamponi nasali. Sono certificati e diffusi in tutto il mondo. I controlli in questo caso si farebbero direttamente in azienda”.

Chi li paga?
“Oggi il costo è comunque a carico dei lavoratori. Se poi ci sono imprenditori che vogliono concorrere al sostegno della spesa ciò rappresenta una libera scelta aziendale. Tra gli imprenditori c’è chi è anche disposto a pagarli di tasca sua. Se acquistati in grandi stock possono costare dai 4 ai 7 euro”.

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Gli imprenditori non hanno sempre detto che non li pagano?
“Penso che molti di loro pagherebbero pur di non perdere il lavoratore”.

Teme che qualcuno altrimenti possa chiudere un occhio?
“Nessun imprenditore ha interesse a fare entrare una persona non controllata. Non scherziamo. Nella Conferenza dei presidenti delle Regioni avevamo proposto di consentire di fare i tamponi ogni 72 ore”.

Insomma, lei crede che i controlli non possano funzionare?
“Sì, il discrimine è tra fare finta di controllare o non controllare affatto. Un imprenditore mi ha detto che un suo dipendente ha programmato tutti i tamponi da qui a un mese, e un altro invece non c’è riuscito. Questo secondo lavoratore rischia di non poter andare al lavoro, non per colpa sua, ma per l’impossibilità produttiva a testarlo”.

Così non si legittimano culturalmente i no vax?
“Non io. Ho aperto come primo alla terza dose. Ma da amministratore mi corre l’obbligo di guardare in faccia la realtà. Cosa faranno questi 590mila senza protezione? Resteranno senza lavoro?”.

Potrebbero fare il vaccino, per esempio.
“Semplifichiamo le procedure per il tampone. Se il Veneto non è in grado di garantire la capacità di test non ce la faranno neanche le altre Regioni, temo”.

Sì, ma concretamente cosa chiede? Di cambiare il decreto in corso d’opera?
“Di fare in modo che le scelte del governo siano applicabili nella vita reale”.

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