Netstrike, no Dad Day, flashmob: con il lavoro agile anche lo sciopero diventa “smart”

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ROMA – I sit in digitali e i flashmob sono cortei digitali? E il “No Dad Day” richiede tutte le autorizzazioni previste per uno sciopero nei servizi essenziali? Non si tratta di riflessioni riservate alle aule universitarie: in un anno e mezzo di pandemia si sono diffuse nuove forme di protesta, che vanno molto oltre la regolamentazione dello sciopero, che risale almeno a 20 anni fa e che ha come orizzonte di riferimento i luoghi fisici di lavoro. Sia la Commissione di Garanzia sugli Scioperi che i tribunali si sono già trovati in diverse occasioni ad affrontare le nuove forme di protesta, che spesso, grazie all’uso della Rete, hanno l’effetto di amplificare la visibilità delle rivendicazioni, coinvolgendo anche l’opinione pubblica. E’ quello che è successo per esempio con la protesta dei riders, o degli addetti alle distribuzione dei prodotti di Amazon durante il Black Friday.

Green Pass, Salvini: “Lasciare a casa milioni di lavoratori non è nornale”. I sindacati della PA: “Non ci sono condizioni di sicurezza per il lavoro in presenza”

di

Rosaria Amato

11 Ottobre 2021

Visto che non esiste lo sciopero “smart” per la legge italiana, le questioni da risolvere sono tante: in caso di servizi pubblici essenziali, vanno seguite le procedure previste dalla Commissione di Garanzia? Ed è giusto che i dipendenti per protestare utilizzino gli strumenti forniti da datore di lavoro, come il computer o il telefono? Per non parlare del ruolo dei sindacati, che potrebbe risultare affievolito per via della “forte connotazione individualistica del lavoro online e della tendenziale resistenza dei lavoratori digitali a riconoscere il ruolo del sindacato tradizionale”, osserva Paola Ferrari, professore associato di Diritto del Lavoro alla Sapienza (Università di Roma) che ha appena affrontato la questione in un articolo pubblicato dalla rivista semestrale della Commissione di Garanzia sugli Scioperi, che verrà distribuita a breve.

Il lavoro agile “non verrà cancellato con un colpo di spugna”, sottolinea la studiosa, e anche se sia le aziende che la Pubblica Amministrazione, grazie all’obbligo del Green Pass, stanno accelerando il rientro in presenza dei lavoratori, ci sono molti accordi aziendali che prevedono la prosecuzione dello smart working in formule ibride che possono arrivare però anche a includere cinque giorni la settimana di lavoro da remoto. E quindi sapere quali sono le norme da applicare per un flashmob o per un sit in digitale non è una questione limitata alla pandemia. Ma non è neanche una questione semplice, visto che la legge italiana è piuttosto avara di norme sullo sciopero: “La legge 146/90 regola solo lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. – ricorda la giuslavorista – e per il resto valgono le sentenze dei giudici”. Che al momento sono poche per quello che riguarda i “netstrike”.

Paola Ferrari, che è stata per 18 anni consulente della Commissione di Garanzia sugli Scioperi e attualmente collabora come esperta con l’Anticorruzione, suggerisce, in attesa che arrivino leggi su misura per gli scioperi virtuali (una via potrebbe essere la legge di riforma sullo smart working, all’esame della Commissione Lavoro della Camera, che sta cercando di far confluire in un unico provvedimento i numerosi disegni di legge presentati dalle diverse forze politiche in Parlamento), di considerare le nuove forme di proteste in modo analogo a quelle tradizionali. Per cui, per esempio, un no Dad Day è a tutti gli effetti uno sciopero della scuola.

“Se una forma di protesta è qualificata come sciopero – spiega – allora dobbiamo considerarla esercizio di un diritto, ma come tutti i diritti è sottoposto a un esercizio regolamentato, non può essere esercitato in modo discrezionale. E’ un criterio che potrebbe essere esteso a tutte le attività sindacali, che lo Statuto dei lavoratori considera in via esclusivamente legata al luogo fisico, dalle assemblee alla bacheca virtuale”.

Fino ad arrivare al “crumiraggio virtuale”, che il datore di lavoro ha opposto in qualche caso alle proteste in Rete: “Si concretizza nell’utilizzo di dispositivi informatici mediante i quali si ostacola la protesta virtuale attuata dai lavoratori – dice Paola Ferrari – vanificandone conseguentemente gli effetti”.

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