Poche e sessiste, se in Italia le statue di donne sono introvabili

Read More

A Milano ce ne sono soltanto un paio, a Torino nessuna, a Roma si contano sulle dita delle mani. In tutta Italia sono 148 o poco più le statue pubbliche dedicate alle donne. Tante sono quelle che l’associazione di storici dell’arte “Mi riconosci” è riuscita a mappare incrociando ricerche e segnalazioni, “un numero che si avvicina alla totalità di quelli esistenti”, spiegano le curatrici. Parliamo di quelle installate sulle piazze (solo il 36%), nei giardini, agli incroci delle strade, sui belvedere. Figure per lo più anonime e spesso lontane, anche nella rappresentazione, dalla realtà.

Per dare un’idea della proporzione rispetto ai monumenti maschili che celebrano condottieri e statisti, scrittori e politici, caduti e musicisti, poeti e filosofi, basta salire sul Pincio nella capitale: 3 busti femminili (Grazia Deledda, Santa Caterina da Siena e Vittoria Colonna) contro 226.

Spigolatrice di Sapri, la statua sessista scatena le polemiche

di

Benedetta Perilli

26 Settembre 2021

Tra tutti i gender gap, non ultimo quello della toponomastica femminile che conta solo 8-9 vie su 100 dedicate a donne, si aggiunge pure quello monumentale. Ma non è solo il numero a segnare la differenza.

Abbondano Madonne, Vittorie, Glorie, allegorie ma sono poche, anzi pochissime le donne realmente vissute o i personaggi letterari: c’è qualche Maria Montessori, Elena di Savoia, Anita Garibaldi, Cristina Trivulzio di Belgiojoso; mancano Elsa Morante o Rita Levi Montalcini. Quasi la metà sono figure anonime collettive: una carrellata di mondine, mogli di, lavandaie, emigrate o pure partigiane, genericamente intese.

La maggior parte dedite a lavori di cura o di accoglienza, professioni di fatica, votate al sacrificio, spesso madri accanto ai mariti o in attesa del loro ritorno, mentre nessuno per ora ricorda impiegate o scienziate, nell’attesa della statua di Margherita Hack a Milano (dove le maschili sono 125).

“Lo spazio pubblico non può essere considerato neutro – spiega Ludovica Piazzi, storica dell’arte e promotrice dell’indagine per “Mi riconosci” – e a oggi è uno spazio androcentrico come conferma non solo l’assenza di donne ma anche l’enorme sproporzione tra autrici e autori dei monumenti censiti: tra le 120 opere di certa attribuzione solo il 5% è stato realizzato da donne, un altro 5% vede la collaborazione tra autori e autrici mentre il restante 90% è a firma maschile”.

E pure lo sguardo, secondo le curatrici, è maschile. “Questo è il monumento della Vittoria andavamo a vederlo tutti i giorni… e io me lo sognavo anche la notte!”, recitava non a caso Titta nell’Amarcord di Federico Fellini, in adorazione delle rotondità della statua in piazza Ferrari a Rimini.

Il sindaco di Sapri blinda la scultura sessista della Spigolatrice, ecco le altre statue coperte o rimosse

di

Carlo Alberto Bucci

28 Settembre 2021

Come la spigolatrice di Sapri con i glutei definiti, appena velati da una veste impalpabile bollata come scultura sessista, c’è la lavandaia di Bologna, interamente nuda, inginocchiata e immersa in una tinozza o quella di Massa con la veste calata sotto al seno. O Rosalia Montmasson, unica donna della spedizione dei Mille, ritratta a Ribera (Agrigento) accanto al marito Francesco Crispi: in abito e cappotto lui, in sottoveste con dettagli fisici in evidenza lei. E ancora, ad Acquapendente c’è una statua dedicata a Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, entrambe giornaliste, entrambe assassinate, entrambe ritratte una di fianco dell’altra, completamente nude. “Un simbolo di onestà e purezza” nelle intenzioni dell’autore.

Ma, sottolineano le curatrici del dossier, “in questo come in molti altri casi la figura femminile è spesso stereotipata: molte statue hanno atteggiamenti sensuali o sono connotate da dettagli leziosi, aspetti che vanno a sminuire il soggetto ritratto. Un conto è una figura allegorica nuda, un altro è un personaggio realmente esistito o una figura femminile collettiva: in questo caso la sessualizzazione dell’opera può risultare più offensiva. La storia dell’arte è costellata di nudi, non si tratta di censurare, ma di dare dignità alla rappresentazione che oggi facciamo di donne scelte per essere celebrate e ricordate”. 

Related articles

You may also be interested in

Headline

Never Miss A Story

Get our Weekly recap with the latest news, articles and resources.
Cookie policy

We use our own and third party cookies to allow us to understand how the site is used and to support our marketing campaigns.