Forza Italia, Brunetta unisce gli anti- sovranisti: “A noi la guida del centrodestra”

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ROMA – Intervistato da Repubblica il ministro Renato Brunetta ha fatto intendere chiaramente qual è lo schema di gioco alternativo per Forza Italia, secondo la sua opinione: le “forze popolari, liberali e socialiste” assieme, esclusi i sovranisti. Tradotto, una coalizione che unisca forzisti, centristi e Pd, sotto il segno del draghismo. “Diciamo che sta guardando un po’ avanti, come se dovessimo perdere la nostra battaglia dentro il partito”, commenta un esponente forzista. I movimenti però ci sono, eccome. Diversi ex Fi, oggi andati ad ingrossare le fila del misto o di Coraggio Italia, hanno fatto arrivare messaggi di plauso a Brunetta. Chi ha parlato con la collega di fronda, Mariastella Gelmini, dice che la ministra ha condiviso l’impianto generale della riflessione di Brunetta. Anche se “ora non pensiamo che il centrodestra sia finito – il ragionamento fatto da Gelmini – ma semmai che le idee e i valori europeisti di Fi debbano tornare a essere quelli che ci guidano, senza farci schiacciare da Matteo Salvini e Giorgia Meloni”.

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Certo gli alleati faranno pesare la loro forza. “La tesi per cui si può andare avanti senza due partiti che valgono il 40 per cento mi sembra un po’ bizzarra…” dice il leader leghista commentando la posizione di Brunetta. Salvini, a Palermo per presentare il nuovo gruppo all’Assemblea siciliana, va oltre. Nei corridoi di Palazzo dei Normanni mostra il cellulare con tre messaggi di Brunetta. E si scorgono numerosi cuoricini. “Nel mio ruolo di federatore – rimarca il leader – chiamerò il ministro, che stimo, per ascoltare e capire. Ma ripeto: la lezione dell’astensione di massa ci dice che dobbiamo unire, non dividere”. Brunetta aspetta la chiamata di Salvini: “Il nostro dialogo è sempre costante”.

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Tra gli azzurri però è chiaro a tutti quali sono le due prospettive possibili. Molto dipenderà anche dalla legge elettorale. “Berlusconi aveva appena finito di rassicurare i partner europei sull’affidabilità della Lega che Salvini rilanciava l’idea di un gruppo con Marine Le Pen e schierava i suoi europarlamentari a fianco del governo polacco, mettendosi fuori dall’arco costituzionale europeo. Perciò spero in una riforma elettorale in senso proporzionale”, ragiona ad esempio il deputato forzista Andrea Cangini. L’ala anti-sovranista è una minoranza pesante, visto che ruota attorno ai tre ministri Brunetta, Gelmini e Mara Carfagna. Un trio per ora compatto che assicura: “Qui nessuno fa la guerra a Berlusconi”. Il problema insomma non è il Cavaliere, ma gli alleati.

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Dopodiché i cosiddetti “lealisti”, coloro che appoggiano in pieno la linea di Antonio Tajani, benedetta da Berlusconi, sono in parecchi. Pienamente ancorati al centrodestra, senza aspirazioni moderate e sogni di modelli “Ursula”, sono – oltre a Tajani – altri pezzi da novanta del partito. Licia Ronzulli in primis. I sottosegretari: Giorgio Mulè, Giuseppe Moles, Francesco Battistoni, Deborah Bergamini. Il viceministro Gilberto Pichetto Fratin. Poi i presidenti di regione: Alberto Cirio (Piemonte), Donato Toma (Molise), Vito Bardi (Basilicata) e il neo-eletto in Calabria Roberto Occhiuto. E i sindaci di Perugia Andrea Romizi e di Trieste Roberto Dipiazza.

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A livello ufficiale il fronte anti-sovranista è meno nutrito: dall’ex presidente della Sardegna Ugo Cappellacci a Valentina Aprea, da Lisa Baroni all’eurodeputato Massimiliano Salini, dalla piemontese Claudia Porchetto al salernitano Luigi Casciello. Comunque: alla Camera due giorni fa in 26 su 77 hanno firmato la richiesta di voto segreto per l’elezione del nuovo capogruppo. Più o meno è quella l’area del dissenso, che al Senato conta una decina di aderenti.

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