BRUXELLES – L’Europa torna a dividersi. E lo fa, come spesso è accaduto in passato, sui migranti. Non solo il Consiglio europeo non compie alcun passo avanti operativo nelle misure per arginare l’immigrazione irregolare ma in più si spacca almeno in tre parti. Con il fronte dell’Est deciso a chiedere la costruzione di un “muro”; i Paesi del Nord pronti ad attaccare i cosiddetti movimenti secondari (e quindi anche l’Italia), ossia gli extracomunitari che approdano in un Paese e poi si trasferiscono in un altro; Roma che non accetta di vedersi scaricare sulle sue spalle l’onere esclusivo dei flussi del Mediterraneo meridionale.
“Anche qui un muro anti-migranti”. Dodici Paesi spaccano l’Europa
dal nostro corrispondente
Claudio Tito
08 Ottobre 2021
Il tutto mentre esplodono altre due grane che inaspriscono il confronto. La prima riguarda la Bielorussia e la sua minaccia ibrida: favorisce il passaggio irregolare dalla sua frontiera. Una ritorsione di Aleksandr Lukashenko in seguito alle misure adottate dall’Unione nei suoi confronti. La seconda concerne la Turchia. Che torna a avvertire l’Europa sulla possibilità di inondarla di migranti provenienti dall’Afghanistan e dall’Iran. «Ci sono 3 milioni e mezzo di afghani in Iran», ha avvisato il ministro dell’Interno di Ankara, Suleyman Soylu. «Due milioni sono pronti a muoversi, considerando che ogni giorno arrivano in duemila andiamo incontro a una seria minaccia a livello di migranti».
Una miscela esplosiva che si è trasformata a Bruxelles in una bomba innescata e pronta a detonare. Tensioni, liti, accuse reciproche. Eppure, in un primo momento la riunione era stata organizzata per evitare ogni potenziale attrito. Ma il piano è saltato con la richiesta dei 12 Paesi che già due settimane fa avevano firmato una lettera (tra cui Austria, Grecia, Polonia e Ungheria) per chiedere un finanziamento all’Unione al fine di costruire un muro lungo tutto il confine orientale. Una richiesta respinta con decisione al mittente dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: «C’è un’intesa su questo tra Commissione e Parlamento. E sono già stata molto chiara: non ci sarà alcun finanziamento di filo spinato e di muri».
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Ma il confronto a quel punto si inasprisce. Il fronte del Nord parte all’attacco contro i movimenti secondari. Ci pensa l’olandese Mark Rutte. L’accusa, nemmeno tanto velato, è che i Paesi di primo approdo come l’Italia, la Spagna e la Grecia, non controllino i loro confini di terra consentendo ai migranti di trasferirsi in altre nazioni dell’Unione.
La conclusione è la mediazione che si legge nel documento finale. Che sul punto specifico si articola in due parti. Si invita infatti l’Ue a compiere tutti gli «sforzi» possibili «per ridurre i movimenti secondari», ma anche per «assicurare un giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà tra gli Stati membri». Quest’ultima frase non era presente nella formulazione originaria del documento. È stata l’Italia a chiederne l’inserimento proprio per contrastare le critiche sui movimenti secondari. «Solidarietà», infatti, significa che l’Ue non può pensare di scaricare sui Paesi di primo approdo la responsabilità di gestire l’afflusso dal Sud, in particolare dall’Africa. E questo anche se l’accordo di Dublino prevede proprio questa procedura.
La seconda parte è un modo per tranquillizzare i sostenitori del muro. Che non verrà mai costruito a spese delle casse comuni. Con un però. Che ha una dimensione “economica”. I capi di Stato e di Governo puntano l’indice contro Bielorussia e Turchia e respingono «il tentativo di Paesi terzi di strumentalizzare i migranti a fini politici»; «condannano gli attacchi ibridi ai confini dell’Ue cui si risponderà di conseguenza». E nello stesso tempo invitano «la Commissione a proporre le modifiche necessarie al quadro legale dell’Ue e misure concrete sostenute da una risposta adeguata in linea con il diritto dell’Ue e obblighi internazionali, compresi i diritti fondamentali». Come a dire che Bruxelles finanzierà altri strumenti legali (cioè darà soldi) di difesa dei confini.
L’effetto finale, però, è la paralisi. Questo Consiglio europeo non ha adottato alcuna misura operativa. Tanto meno sui migranti. Anzi su questo aspetto, lo scontro di ieri produrrà altre incertezze e lentezze. In particolare in riferimento al nuovo Patto sull’Asilo e la Migrazione che è ormai bloccato da oltre un anno. Una soluzione è ancora lontana. Come ha detto Angela Merkel lasciando l’ultimo summit europeo della sua Cancelleria, «lascio ora questa Unione europea sotto la mia responsabilità di cancelliera in una situazione che mi preoccupa».