ROMA – Il ritorno alla legge Fornero sulle pensioni con la cancellazione di Quota 100 non è equivocabile. E la trattativa in corso con le forze di maggioranza potrà solo definire il percorso, graduale ma breve, per far rivivere la soglia dei 67 anni. Ma i soldi stanziati sono quelli scritti nel documento programmatico di Bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles, 600 milioni il prossimo anno, 450 nel 2023 e 510 nel 2024.
Su questo il premier Mario Draghi non ha intenzione di fare passi indietro. Se ne assumerà tutta la responsabilità quando presenterà, forse già mercoledì o al massimo giovedì, la manovra in Consiglio dei ministri, anche se è ben conscio che il salto di 5 anni, il cosiddetto scalone, è un boccone amaro per la Lega di Salvini — ormai rassegnata a cedere su Quota 100 — e psicologicamente difficile da accettare per chi, con le regole attuali, si trova a un soffio dall’uscita dal lavoro.
Una mossa destinata inevitabilmente ad aprire una frattura con i sindacati, in particolare con il leader della Cgil Maurizio Landini, che aveva bollato il passaggio momentaneo a Quota 102 come «una presa in giro». Il premier confermerà che Quota 100 non sarà rinnovata — e qui trova la sponda del segretario del Pd Enrico Letta — e che questo serve ad «assicurare un graduale passaggio alla normalità», ossia ai 67 anni.
Lo dirà ai sindacati dopodomani, nel corso di un incontro già fissato, sebbene su un altro ordine del giorno. E la risposta potrebbe arrivare subito, con un calendario di mobilitazioni, in cantiere da giorni. Per ora Cgil, Cisl e Uil si sono dati la consegna del silenzio: non si parla di pensioni finché il presidente del Consiglio non dirà chiaramente cosa vuol fare. Ma la linea è tracciata: i confederali premono per una riforma strutturale delle pensioni in senso progressivo, che permetta di ritirarsi dal lavoro dai 62 anni in su e tenga conto sia del fatto che non tutti i lavori sono uguali.
In queste ore sono in corso trattative serrate che coinvolgono Palazzo Chigi, il Mef e i ministri alla ricerca delle ultime limature alla manovra espansiva da 23,4 miliardi. Alla Lega il ministro dell’Economia Daniele Franco ha ricordato che la fine di Quota 100 non cancella i costi di quella misura che si trascineranno fino al 2025 e nel solo 2022 peseranno per oltre 7 miliardi. Più o meno la stessa cifra del Reddito di cittadinanza, 800 milioni oltre ai 7,8 miliardi già previsti. Il Mef ha respinto la controproposta del partito di Salvini di tenere Quota 102 per 2 anni ma sta verificando l’ipotesi di uscite a 64 anni (per i prossimi 3 anni) con contributi crescenti (38, 39 e 40 anni). In pratica Quota 102, 103 e 104.
Quanto al Pd, la richiesta è di finirla con il sistema delle Quote, «un errore» come dice il segretario Enrico Letta, perché «è una strumento che discrimina le donne», e di puntare a dare flessibilità a chi ha fatto lavori gravosi e a confermare Opzione donna, finora non prevista, che costerebbe 100 milioni di euro nel 2022. Mentre incassa la riforma degli ammortizzatori sociali il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
La riforma parte dal prossimo anno e prevede ammortizzatori universali per tutti: la Cig dovrebbe venire estesa anche alle imprese sotto i 5 dipendenti, inclusi parrucchieri e negozi di quartiere. Le risorse stanziate — 3 miliardi di cui 1,5 dallo stop al cashback — sarebbero sufficienti per partire bene. I dem ottengono anche il rifinanziamento del fondo sanitario nazionale e del fondo per la non autosufficienza.
Tra le misure che i partiti della maggioranza proveranno ad estendere in Parlamento ci sono la proroga dei bonus edilizi, limitati dal governo, e il fondo per la riduzione delle bollette di luce e gas.
Un punto in sospeso è l’anticipo della riforma fiscale da 8 miliardi. La cifra, nonostante le richieste, non cambia, ma non è ancora chiaro come verrà declinata la riforma: si starebbe andando verso la creazione di un fondo destinato al taglio delle tasse, ma sul come farlo (meno Irpef o meno Irap) si deciderà in sede di discussione della manovra in Parlamento