E’ la sfiducia nel futuro e nella possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita il sentimento emerso dall’imponente sondaggio realizzato da Yougov per il “Global Progress”, la rete di personalità, think tank, forze politiche e movimenti progressisti a livello internazionale. Una sfiducia che pervade tutte le maggiori democrazie occidentali, con l’Italia segnalata fra le più pessimiste, senza peraltro far intravedere una qualche inversione di tendenza: a tutte le latitudini i cittadini sembrano difatti convinti che, in prospettiva, qualunque cambiamento peggiorerà i principali indicatori di benessere. Nel mondo devastato dalla pandemia, a prevalere è dunque la rassegnazione.
Il dato che meglio illumina questa tendenza è relativo alla domanda se il Paese in cui si vive stia andando nella direzione giusta o sbagliata. Ebbene la maggioranza indica, ovunque, che si sta andando in quella sbagliata. Così la pensa il 48% degli italiani, rispetto al 31% che invece ritiene il contrario. Ma possiamo consolarci: negli altri grandi Paesi europei i dati sono ancora più alti. In Francia il 63% crede che la strada non sia quella giusta, in Spagna il 61%, nel Regno Unito il 58%.
Allo stesso tempo, c’è la convinzione che generalmente i cambiamenti si traducono in un peggioramento della situazione personale e familiare. Così almeno crede il 48% dei nostri concittadini, contro il 23% che confida in un miglioramento. L’Italia è insieme alla Polonia uno dei Paesi più negativi sotto questo punto di vista, ma la sfiducia è elevata anche nel Regno Unito (41%), in Olanda (38%) e in Francia (34%). Considerando che per gli italiani ciò che conta di più sono, nell’ordine, qualità della vita, salute e prosperità economica, la preoccupazione è che possano in prospettiva declinare tutte e tre.
Conferma ne è la tabella relativa al futuro: a livello globale è diffusa l’opinione che nei prossimi 10 anni i problemi esploderanno. Per quanto riguarda l’Italia peggioreranno innanzitutto le disuguaglianze economiche (62%), la criminalità (54%), la crescita economica (52%) e la qualità della vita (50%). Dati grosso modo analoghi, pertanto comparabili, con quelli degli altri grandi Paesi europei.
Ma è sul tema dei migranti che emerge il vero “umor nero” degli italiani. Alla domanda se i livelli di immigrazione sono troppo alti, giusti o insufficienti, il nostro Paese è quello che più di tutti (il 64%) li considera “troppo alti”, mentre solo il 19% pensa che siano nella norma. Più in basso si piazzano Svezia (63), Francia e Spagna (61), a dimostrazione che è un problema sentito in particolare nel Vecchio Continente. Significative anche le risposte sulle ricette più adatte per gestire l’immigrazione: per gli italiani bisognerebbe innanzitutto assicurarsi che ci siano regole chiare, e applicate in modo coerente, su chi può entrare nel nostro Paese; solo dopo viene l’aiuto a chi è davvero in pericolo e, a pari merito, il rinforzo dei confini. Mentre i criteri principali per l’integrazione dovrebbero essere, nell’ordine: l’adesione alle regole del nostro Paese; imparare la nostra lingua; fare in modo di contribuire alla nostra economia.
Altro focus rilevante è quello sul passaporto vaccinale. E’ d’accordo il 66% degli italiani: pur essendo una percentuale molto alta, piazza però il nostro paese poco sopra metà classifica. Sono infatti più favorevoli gli spagnoli (74%) e persino gli inglesi (70%), che non l’hanno adottato ma probabilmente lo vorrebbero, alla luce del preoccupante aumento dei contagi.
Infine, in relazione ai rapporti di forza internazionali, c’è concordia nel ritenere che siano Cina e Russia le due principali superpotenze mondiali: rispettivamente per il 67% e il 42% degli italiani. Staccati gli Stati Uniti (31%) e solo in fondo l’Unione europea (21%), evidentemente giudicata non in grado di combattere ad armi pari con le prime due. Mentre, alla domanda se si è d’accordo sulla costruzione di forti alleanze fra democrazie, a sorpresa l’Italia è quella meno propensa di tutte: solo il 31% dei nostri concittadini pensa che bisognerebbe andare in questa direzione, in buona compagnia con Francia e Spagna (35%). Svetta invece la Svezia: la maggioranza dei cittadini (51%) è disponibile a unirsi per diventare, insieme agli Paesi, più competitivi.