PECHINO – Un milione di tonnellate al giorno in più. La fabbrica del mondo non si può fermare e per combattere la crisi energetica che sta vivendo il gigante asiatico si rifugia nel caro, vecchio e sporco carbone. Pechino si è impegnata a non finanziare nuove centrali all’estero, ma dentro le mura di casa non può fare a meno, ancora, di smettere di aumentare la propria produzione.
Emissioni
Scoglio Pechino a Cop26. Una sola azienda cinese inquina più del Pakistan
di
Gianluca Modolo
28 Ottobre 2021
Ieri la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme ha affermato infatti che quella giornaliera è stata superiore a 11,5 milioni di tonnellate da metà a fine ottobre, circa 1,1 milioni di tonnellate in più rispetto alla fine di settembre. Proprio tra agosto e settembre, per tenere fede agli impegni presi (picco delle emissioni prima del 2030 e neutralità carbonica entro il 2060) e con i prezzi record dei combustili – in un momento in cui la domanda di elettricità in Cina è in aumento, con il mondo che lentamente emerge dalla pandemia e la produzione di beni di consumo che cresce – era arrivato l’ordine di rallentare. Difficile: oggi il Dragone è dipendente dal carbone ancora per il 60% del suo mix energetico (e assieme agli altri combustili fossili si arriva all’87%): Pechino ne brucia la metà di tutto quello consumato nel mondo.
La marcia indietro
È successo l’inevitabile: centrali al ralenti, razionamenti dell’energia con relativi blackout nelle città e nelle fabbriche e costi per le aziende a salire. Ecco perché nelle ultime settimane le autorità hanno fatto marcia indietro e ordinato alle miniere di ritornare a spingere, riaprendo anche quelle già chiuse: si continua a bruciare. E poi si avvicina l’inverno: e sarà molto freddo. Le scorte negli impianti nel nord-est, la regione più colpita dalla crisi, sono quasi raddoppiate a ottobre. Il quotidiano economico Caixin stima che quelle totali nelle centrali supereranno i 110 milioni di tonnellate in tre giorni.
Kerry tratta con la Cina: ultimi sforzi per salvare Cop26
dal nostro corrispondente
Antonello Guerrera
26 Ottobre 2021
La Cina ha fatto enormi passi avanti negli ultimi anni verso la transizione energetica. Tornare al carbone rischia di rovinare tutto. “Fiumi limpidi e montagne verdeggianti costituiscono un patrimonio inestimabile”, disse Xi due anni fa, primo presidente cinese a fare della questione climatica una “priorità nazionale”. Questione centrale anche per migliorare la propria immagine all’estero (proprio in Cina, a Kunming, si è appena conclusa la Cop15 sulla biodiversità), per imporre i propri valori e pure il proprio vocabolario. Già dal 2012 il concetto di “civilizzazione ecologica” è entrato in Costituzione, preferito a quello di “sviluppo sostenibile” forse giudicato “troppo occidentale”.
Ora tocca a noi inquinare
Pechino non vuole sottrarsi alla lotta, ma chiede tempistiche che rispettino la propria diversità, continuando a punzecchiare gli Stati Uniti per essersi ritirati con Trump dagli Accordi di Parigi e di essere i responsabili, storicamente, del maggior numero di emissioni. Rispetteremo gli impegni che abbiamo preso – questo è il ragionamento – ma voi Paesi avanzati avete avuto la vostra Rivoluzione industriale e avete inquinato il mondo, ora noi – Paesi in via di sviluppo – abbiamo il diritto di perseguire la nostra crescita economica e combattere la povertà. “Responsabilità comuni, ma differenziate” è la frase magica che esemplifica la linea cinese.
Tradotto: nel 2020 (dato del Centre for Research on Energy and Clean Air) la Cina ha costruito centrali a carbone per una potenza pari a più del triplo di quella installata da tutti gli altri Paesi messi assieme. E pure quest’anno le centrali si sono moltiplicate: nei primi 6 mesi il governo ha dato luce verde alla costruzione di 18 altiforni per la produzione di acciaio (Pechino ne produce la metà di quello mondiale) e 43 centrali elettriche a carbone.
In attesa di vedere come andrà la missione di Xie Zhenhua, l’uomo scelto dal presidente per rappresentare la Cina alla Cop26, Xi ha promesso che presto ci saranno piani più dettagliati e nuove misure a sostegno dei settori chiave dell’economia per raggiungere gli obiettivi. Nel frattempo, l’impegno è quello di limitare l’uso del carbone a partire dal 2026, arrivare al 25% dei combustili non fossili tra dieci anni (e all’80% nel 2060) e aumentare da qui al 2030 la capacità totale dell’energia solare ed eolica a 1.200 gigawatt.