Stiglitz: “Le lobby industriali si opporranno con tutte le loro forze alla transizione ecologica”

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«Sarà dura. Quella di cui si sta discutendo a Glasgow è la più grande e sacrosanta operazione innanzitutto economica che l’umanità deve fronteggiare. Ma temo l’opposizione tenace, ben finanziata, continua, delle lobby industriali che si oppongono con tutte le loro forze alla decarbonizzazione, almeno nei tempi prospettati. Specialmente qui in America». Joseph Stiglitz, classe 1943, è uno dei più prestigiosi ma anche dei più battaglieri economisti mondiali: ha combattuto strenuamente contro le diseguaglianze, i monopoli, i grandi rentier, perfino l’alta finanza ai tempi di Occupy Wall Street. Ha vinto il premio Nobel nel 2001 per le sue spietate analisi sull’asimmetricità delle informazioni che girano in Borsa, ovviamente a tutto danno dei piccoli azionisti, e ha trasformato l’“Initiative for policy dialogue”, il think-tank sullo sviluppo internazionale da lui fondato nel 2000 alla Columbia University, in un punto di riferimento per «tutti gli economisti che sfidano la morale convenzionale».

L’ennesima battaglia, professore, con quali speranze?

«Beh, il solo fatto che tutti, o quasi, i maggiori leader mondiali si siano esposti così tanto e stiano a discuterne per giorni e giorni sotto i riflettori, indica la conseguita consapevolezza della gravità della situazione e dell’urgenza di interventi. Altrettanto forti, però, sono come dicevo le forze che lavorano contro. E che se non riusciranno a fermare la transizione ecologica c’è il rischio che riescano in un modo o nell’altro a socializzare le loro perdite. La storia è piena di esempi del genere».

L’atteggiamento spesso ambivalente della Cina, in un momento di forti tensioni con gli Stati Uniti, potrà minare il processo, anzi i problemi geopolitici saranno essi stessi un ostacolo?

«Non credo, anche la Cina è doppiamente minacciata perché rischia di restare isolata dal punto di vista economico e banalmente perché soffoca sotto un inquinamento atmosferico pesantissimo. Un accordo è veramente nell’interesse di tutti. Certo, occorre mediare sui tempi».

Jeremy Rifkin parla di “terza rivoluzione” dopo quella industriale e quella dei servizi web. È d’accordo?

«Come in tutte le rivoluzioni c’è anche chi la vive male, e soprattutto chi pur di difendere i propri interessi fa di tutto per boicottarla. Senza contare l’influenza dei fattori politici interni: Biden è così indebolito che non riesce a far passare il piano di infrastrutture da più di mille miliardi che sarebbe essenziale per la transizione in America».

Lei ha scritto un libro, “La globalizzazione e i suoi scontenti” con gli errori nell’apertura mondiale dei mercati, errori che hanno portato alla Brexit, a Trump, a Orbán e a tutti i sovranismi. Quali lezioni dobbiamo trarne?

«Bisogna curare ogni aspetto del processo, non lasciare indietro nessuno. Questo è rivolto a tutti i governi e alle istituzioni internazionali: anche i supervisori finanziari, la Fed e la Bce, dovrebbero essere coinvolti nell’indirizzare oculatamente i finanziamenti e negarne altri. Poi c’è l’aspetto “teorico”: il Fondo Monetario ancora non ha abbandonato la filosofia neoliberista che tanti guai ha provocato in Russia, in Argentina, in Europa, perché pretendere da chi è in difficoltà di ridurre ulteriormente le spese non può che portare a conseguenze disastrose. Una questione che è più che mai valida in questa circostanza quando i Paesi, ricchi e poveri, hanno bisogno di enormi finanziamenti per portare avanti la transizione. Anche la Banca Mondiale (di cui Stiglitz è stato capo economista negli anni ’90 prima di entrare nello staff di Clinton, ndr) deve ancora di più focalizzare i suoi interventi sulla sostenibilità ambientale. Se ben gestita, la transizione si può trasformare in una grandiosa occasione di nuova occupazione e nuovo sviluppo, in cui i talenti ben stimolati danno il meglio di sé, e tutta la struttura economica mondiale conosce un momento di enorme energia, di rinnovamento, di grinta. Solo così, non sarebbe poco, consegneremo ai nostri figli e nipoti – che ce lo chiedono con tutto il fiato che hanno in gola – un mondo migliore».

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