Lo stallo al fronte può favorire un primo passo verso i negoziati

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Oggi nell’Ucraina orientale c’è un indistinto campo di battaglia, dove si combatte con ferocia tra boschi e villaggi sotto il fuoco inesauribile dei cannoni. Ma alcuni analisti sono convinti che questo groviglio di offensive e contrattacchi tra un paio di settimane arriverà allo stallo. A quel punto potrebbe aprirsi una finestra per passare gradualmente dalle armi ai negoziati, con un percorso di tregua come quello disegnato dal piano italiano.

Dopo la resa dell’Azovstal, che gli consegna il controllo definitivo di Mariupol, i russi stanno concentrando le forze per assaltare Severodonetsk: il caposaldo ucraino del Donbass e altra città chiave per le mire di Mosca. Non sarà un’impresa facile, perché i soldati di Kiev l’hanno munita di fortificazioni sin dal 2014 e sono pronti a lottare casa per casa. Una vittoria su questo fronte però permetterebbe a Putin di presentare due successi simbolici da propagandare, placando le critiche interne alla gestione fallimentare della campagna e trasformando un tratto del fiume Severskij Donec nel confine. Una sconfitta invece priverebbe il comando russo di qualsiasi chance di iniziativa, lasciandolo senza più riserve da gettare nella mischia. Le truppe sarebbero costrette a trincerarsi e restare sulla difensiva, in attesa che il Cremlino decida se ordinare la mobilitazione generale e passare così alla guerra totale nel giro di due mesi. L’esito della battaglia di Severodonetsk è verosimile venga stabilito entro inizio giugno.

Le brigate ucraine invece stanno muovendosi con sempre maggiore aggressività, contrastando ogni mossa di Mosca. Ma pagano un prezzo di uomini e mezzi molto alto, mentre i danni provocati dall’artiglieria e dai bombardieri russi in tutto il Paese continuano ad aumentare. L’esercito sta ricevendo ondate di equipaggiamenti moderni dall’Occidente, con sistemi che però i suoi uomini non sanno usare: ha bisogno di tempo per addestrare gli equipaggi dei veicoli corazzati e dei semoventi di concezione Nato. C’è inoltre un fattore non militare di rilevanza crescente. Il governo Zelensky sente il peso della situazione economica, perché il blocco dei porti impedisce le esportazioni di cereali e il conflitto rischia di fermare il raccolto del grano. Sono risorse fondamentali non solo per la sopravvivenza dell’Ucraina, ma per l’intero pianeta che vede avvicinarsi lo spettro di una crisi alimentare e infatti la questione comincia a imporsi nell’agenda internazionale.

La pace in 4 tappe. Sul tavolo dell’Onu arriva il piano del governo italiano

di
Tommaso Ciriaco

18 Maggio 2022

I falchi nelle istituzioni di Kiev finora si sono opposti alle trattative: credono che grazie alle nuove armi tra un mese sarà possibile dare una spallata agli invasori, provocando una disfatta tale da innescare un terremoto politico in Russia. A condizionare le loro scelte adesso c’è però la sorte dei soldati catturati all’acciaieria di Mariupol, centinaia e centinaia di uomini che appartengono alle truppe scelte e alla brigata Azov e quindi sono espressione dell’ala più determinata nello schieramento ucraino. “Lo Stato sta compiendo ogni sforzo per salvare i nostri soldati. Al momento la cosa più importante è tutelare la vita degli eroi”, ha detto il portavoce dell’esercito Oleksandr Motuzaynik, imponendo il segreto sul negoziato per lo scambio di prigionieri: “Qualsiasi informazione può metterlo in pericolo”.

Nulla di tutto questo sembra in grado di aprire la porta a una pace, ma ci sono gli elementi per cominciare a parlare di un cessate il fuoco. Che permetta all’economia ucraina di riprendere fiato e al dispositivo militare di riformare i suoi ranghi, in modo da presentarsi al tavolo da posizioni di forza. Mentre Putin vedrebbe la possibilità di concretizzare la sua richiesta principale, ribadita anche nel discorso del 9 maggio: avviare i lavori per un nuovo accordo globale sulla sicurezza in Europa per ridefinire rapporti tra le potenze. Gli ostacoli sono tantissimi, in apparenza insormontabili. Come ha detto il ministro degli Esteri di Kiev Kuleba: “Sarà il campo di battaglia a stabilire le trattative”. E quello che oggi appare impossibile, tra due settimane potrebbe invece trovare un varco nelle trincee insanguinate del Donbass.

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