BRUXELLES – L’attuazione del Pnrr per l’Italia è “essenziale”. Deve realizzare le riforme e intervenire sul sistema fiscale. Ridurre le aliquote Irpef (soprattutto quelle marginali), tagliare il cuneo e rivedere il catasto. Questo è l’unico modo per rimettere in piedi un sistema che continua a manifestare “squilibri macroeconomici eccessivi”. In particolare sul deficit e sul debito.
Le raccomandazioni che domani la Commissione europea presenterà ufficialmente sono severe nei confronti del nostro Paese ma anche fiduciose nella possibilità che il Piano di Ripresa e Resilienza possa rappresentare lo strumento più valido per raccogliere le sfide del futuro. Deviare da quegli obiettivi o ritardarli, insomma, provocherebbe un impatto negativo sul percorso italiano.
Certo, i dati su disavanzo e debito restano segnati con la matita rossa ma quello che fino a due anni fa era l’incubo, la procedura d’infrazione, non scatterà – e questo riguarda anche altri Stati-membri – grazie alla sospensione del Patto di Stabilità. La strada da percorrere, dunque, è in primo luogo segnata dal Pnrr presentato dal governo Draghi.
La Commissione parte infatti dal presupposto che sono stati compiuti “progressi” per quanto riguarda i diritti sociali, in “materia di occupazione” e “riduzione della povertà”. E negli “obiettivi di sviluppo sostenibile”. Le “pagelle” con le varie promozioni e bocciature sono in qualche modo orientate da una decisione ormai formalizzata: il Patto di Stabilità resterà sospeso anche il prossimo anno.
“L’accresciuta incertezza e i forti rischi al ribasso per le prospettive economiche nel contesto della guerra in Europa, gli aumenti senza precedenti dei prezzi dell’energia e le continue perturbazioni della catena di approvvigionamento – si legge nel documento – giustificano l’estensione della clausola di salvaguardia”.
Perché in questa fase di difficoltà determinata dalla guerra in Ucraina è indispensabile in tutta l’Unione “ampliare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e la sicurezza energetica, e sostenere il potere d’acquisto delle famiglie più vulnerabili in modo da attutire l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia e contribuire a limitare le pressioni inflazionistiche attraverso misure mirate e temporanee”.
Nello specifico l’Italia ha compiuto passi avanti rispetto alle precedenti raccomandazioni ma restano “lacune” non colmate o non del tutto colmate dai provvedimenti adottati. Le principali “vulnerabilità” riguardano, appunto, il debito pubblico e la debole crescita. Che devono comunque essere messe sotto controllo con “politiche volte a raggiungere posizioni di bilancio prudenti a medio termine e garantire la sostenibilità del debito”.
La Commissione dà atto al governo italiano che nel 2021 le misure assunte sono state “in linea” con le precedenti raccomandazioni e le previsioni del governo per i prossimi due anni sono sostanzialmente collimanti con quelle dell’Ue sebbene quest’ultime siano leggermente più pessimistiche soprattutto in relazione al 2023: deficit/pil al 3,9 per il governo di Roma, al 4,3 per la Commissione. Debito/Pil al 145,2% per l’esecutivo italiano, al 146,8 per Palazzo Berlaymont. Discorso analogo sulla crescita del pil.
In presenza di una insufficiente riduzione della spesa corrente, serve concentrarsi sul Pnrr che potrebbe aumentare il Pil italiano dello 0,9 per cento rispetto allo scorso anno. Non solo. I progetti finanziati dal NextGenerationEu sono indispensabili “per apportare cambiamenti strutturali duraturi”. I riflettori della Commissione sono quindi puntati sulle riforme e gli investimenti nell’istruzione, nel mercato del lavoro, nei trasporti.
Sulla Pa, sul sistema giudiziario e su “un migliore contesto imprenditoriale” che nel dibattito pubblico italiano significa la legge sulla Concorrenza. “La piena attuazione del piano in linea con le tappe e gli obiettivi, aiuterà l’Italia a riprendersi rapidamente dalla ricadute della crisi Covid”.
Certo questo dipende “dall’eliminazione delle strozzature che bloccano gli investimenti” per la transizione verde e digitale ma anche dalla revisione del sistema delle tasse. “La pressione fiscale italiana sul lavoro – si legge nelle raccomandazioni – è elevata e il profilo delle aliquote irpef marginali è caratterizzato da taglienti discontinuità”.
Quindi mentre, ad esempio, il “cuneo fiscale sul lavoro rimane alto”, sono “sottoutilizzate” altri fonti di entrata. E qui l’Ue punta l’indice su uno dei terreni di scontro tra i partiti che sostengono il gabinetto Draghi: “I valori catastali sono in gran parte obsoleti” e le tasse sull’energia non promuovono “sufficientemente la transizione verso tecnologie più pulite”.
In questo senso l’Italia che dipende dalla Russia (anche se meno della media Ue) per la fornitura di gas e petrolio, dovrebbe incrementare gli investimenti “di rete” sul metano e sull’efficienza energetica (anche per evitare ritardi rispetto al Green Deal).
Alla luce di queste considerazioni, le raccomandazioni della Commissione vengono sintetizzate così: L’Italia deve “limitare la crescita della spesa corrente” al fine di una “riduzione credibile e graduale del debito”. Quindi “espandere gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale” e infine attuare la legge delega fiscale “rivedendo le aliquote marginali e allineando i valori catastali ai valori di mercato”. In conclusione, bisogna “procedere all’attuazione del suo piano per la Ripresa e la Resilienza”.