Il capitano Juice: “Così in California ho imparato ad abbattere i caccia russi”

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ODESSA – “I piloti russi per nostra fortuna volano come negli anni Settanta e combattono come nella Seconda Guerra Mondiale. In California abbiamo imparato il segreto per abbatterli: usare la creatività”. Il capitano Juice, nomen omen, va al succo della questione e offre la sua spiegazione al grande interrogativo sul cielo d’Ucraina: perché Mosca, che ha un numero di caccia 15 volte superiore a quello di Kiev (1.435 contro 98), non stravince?

Il top gun ucraino, 29 anni, originario dell’Est del Paese, accetta di parlare conRepubblica a patto di non rivelare l’identità e la base in cui si trova. Durante l’intervista indossa il casco che usa quando vola col suo Mig-29. La visiera è abbassata, vediamo solo la barba fulva. Il nome di battaglia è anch’esso una storia interessante, per il luogo e le circostanze in cui gli è stato affibbiato.

Perché Juice?

“Premessa: io sono astemio, condizione assai rara nella comunità dei piloti militari. Nel 2019 ero a Fresno nella base degli americani (il 144 esimo stormo della California Air National Guard, ndr). Alla festa di fine corso hanno visto che ordinavo solo succo di frutta, niente birra o whisky, ed erano stupiti. Hanno voluto organizzare una cerimonia di “battesimo” per dare agli ospiti ucraini il nome, prassi che qui da noi non avevamo. Da allora sono Juice”.

Quanti piloti ucraini eravate in California?

“Non posso rivelarlo”.

È stato utile?

“Utilissimo, ci hanno cambiato la mentalità insegnandoci come colpire i caccia russi e facendoci vedere dei trucchi per personalizzare le tattiche. I nostri Mig sono troppo vecchi per seguire le loro, quindi ci hanno detto: arrangiatevi con la creatività”.

Come?

“Quando siamo lassù mescoliamo la vecchia scuola di volo sovietica con l’esperienza maturata in Donbass e i consigli ricevuti a Fresno. Puoi essere creativo nelle manovre, ad esempio. Invece di ingaggiare il dog fight (il duello aereo, ndr) dove siamo in svantaggio perché i radar dei nostri Mig-29 risalgono a cinquant’anni fa, ci facciamo inseguire dai Sukoi attirandoli nel nostro spazio e poi li distruggiamo con i missili da terra. I russi faticano a capirci perché ragionano come negli anni Settanta”.

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Tutto questo l’avete imparato in California?

“Anche l’esercitazione “Clear Sky” del 2018 con gli F-15, la più grande in Ucraina dal crollo dell’Urss, è stata fondamentale. Vi ha partecipato il 30 per cento dei nostri piloti. È lì che abbiamo imparato a comunicare in inglese come fanno nella Nato”.

Intende la comunicazione in missione aerea?

“Sì. Fino al 2018 usavamo l’ucraino, da quel momento abbiamo cambiato lingua. One is ready, two is ready, turn in, fight is on, fox 2 fox 2 quando spariamo un missile. Oppure guns guns guns per il mitragliatore. Knock it off è il segnale di ritirata”.

Trucchi, tattiche americane, il gergo: tutte cose utili, ma la flotta russa ha pur sempre quindici volte i vostri caccia. Come stanno le cose?

“Ci sono tre zone non vaste, a Mariupol e nel sud-est, dove la superiorità ce l’hanno eccome. Per controllare tutto il cielo dell’Ucraina, però, i numeri non bastano: serve la qualità di piloti e comandanti. Abbiamo capito che non sono bravi come pensavamo. In Siria erano i numeri uno, ma volavano senza veri avversari e si sono abituati a missioni col bel tempo guidate dal gps. In Ucraina hanno trovato nuvole, tempo brutto e noi”.

Cosa ha capito del modo di combattere dei suoi nemici?

“I piloti prendono ordini dai generali di fanteria, come nel 1940. Invece di fare missioni indipendenti, seguono l’avanzata delle truppe. È un modo antiquato e poco efficace”.

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Quanti caccia russi avete distrutto?

“I dati ufficiali dicono 200”.

E voi quanti ne avete persi?

“Segreto militare”

Quanto è diverso il Mig-29 dall’F-15 con cui ha volato a Fresno?

“Poco nel modo di volare, ma hanno sistemi elettronici potenti. Se i Paesi occidentali ce li danno, nell’arco di uno-due mesi sapremo utilizzarli. Ci servono F-15, F-16 o F-18 se vogliamo cambiare le sorti della guerra, con i Mig non ci facciamo più niente. E al momento, per colpa delle perdite, abbiamo più piloti che velivoli”.

La Nato vi aiuta a individuare gli attacchi in aria?

“Ricevo le informazioni dal mio comando, non so da dove esse arrivino”.

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Perché non riuscite a intercettare i missili cruise lanciati dai Tupolev sulle vostre città?

“Partono dal territorio della Federazione russa e non li prendiamo per colpa dei nostri sistemi radar antiquati. Io per colpire un obiettivo in aria o a terra con un missile devo rimanere sulla traiettoria perché altrimenti perdo il tracciamento, i più moderni Sukoi di Mosca hanno sistemi fire and forget, possono sparare da lontano e virare subito”.

Quindi siete costretti ad avvicinarvi all’obiettivo…

“È fottutamente pericoloso! Ma accade di rado, per fortuna. Dopo il Vietnam, i caccia combattono da lontano usando missili a lunga gittata. Non è quasi mai come nel film Top Gun…”.

Sa che esce il seguito?

“Non vedo l’ora di vederlo. Il primo l’ho visto non so quante volte. Anzi, dico a Tom Cruise: vieni qui in Ucraina per girare Top Gun 3!”.

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