L’inarrestabile Heinz Beck, uno chef dai mille volti tra creatività e scienza

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Stupisce Beck, anzi continua a stupire. E non c’è da stupirsi. Lo chef, che di tedesco ha solo i natali e un inconfondibile accento, alle favole ha sempre preferito la concretezza, il silenzio, il suo saper stare dietro le quinte delle sue cucine sparse in tutto il mondo, anziché le luci dei riflettori che troppo spesso si accendono in questo ambiente. Sul palco, intervistato da Antonio Scuteri, capo redattore de “IlGusto”, racconta i momenti più importanti della sua carriera, da quegli esordi temerari, come lui stesso li definisce, nei quali arrivò nella città eterna senza conoscere una parola d’italiano. “Arrivai in Italia giovanissimo ed ero veramente incosciente. Mi proposero di gestire un ristorante e accettai. Fu un salto nel buio e andò bene fortunatamente. Il bello della gioventù è che ti fa fare anche queste follie”.

Pioniere del buono che fa bene da tempi non sospetti, sicuramente da prima che diventasse moda. Il suo primo approccio fu nel 2000, quando insieme a un team di esperti iniziò ad interrogarsi sugli effetti del cibo nella fase della digestione. La prima grande ricerca documentata, nel 2006, con un lavoro sull’oscillazione insulinica.Sembra di sentire parlare uno scienziato – “Stiamo portando avanti uno studio con l’Università di Teramo sullo stress ossidativo post prandiale e su come orientare i macronutrienti digeriti. Quello che adesso mi interessa è la combinazione dei piatti per miei ospiti, come farli stare meglio. Il nostro lavoro inizia quando gli ospiti si alzano da tavola. Se l’indomani si svegliano pimpanti e pronti per affrontare una giornata, significa che abbiamo lavorato bene. Molti sottovalutano il momento della digestione, ed è proprio lì che dovrebbe essere compreso il lavoro di uno chef. Non basta soltanto mangiare bene, anzi. Cerchiamo di capire cosa significa mangiare bene. Per me il cibo deve essere prima di tutto sano, successivamente gustoso e poi bello. Creare suggestioni è fondamentale, specie per i tuoi collaboratori. Devono innamorarsi di quel piatto e sapere di far parte di qualcosa di veramente importante”.

La tecnica di Heinz Beck è impareggiabile e seconda a nessuno, e proprio in questi anni grazie all’utilizzo di nuove tecnologie è riuscite a creare grandi capolavori gastronomici. “Abbiamo messo da poco in carta un piatto che si chiama ‘Cappadocia’, naturalmente ispirato alla Turchia. E’ un antipasto formato da una tartare di ricciola, due salse di cui una al caffè e un finto torrone. Come tutti sapete il torrone contiene il miele e non volevo utilizzarlo per non coprire il sapore del pesce. Inoltre essendo un antipasto non volevo dare una sensazione dolce. Così grazie a uno studio sul latte di soia abbiamo scoperto che poteva dare il sapore del miele, senza la sua dolcezza. Trasformare la materia prima non è mai facile, specie se si stratta di prodotti bio. Un’ottima materia prima è ricca di micronutrienti, trasformarla significa prendersi la responsabilità di non distruggerli.Abbiamo da sempre la centrifuga, la utilizziamo anche per i brodi. Ci serve per togliere le impurità. La nuova arrivata è una macchina ad ultrasuoni. Ci permette di esaltare le verdure e di fare una speciale frollatura alle carne nella metà del tempo”

Heinz il cuoco, lo scienziato, l’alchimista, ma anche il mentore di cui la sua brigata va fiero – “Passiamo più tempo con il personale che in famiglia. Per me il rapporto con loro è fondamentale. Alcune persone sono con me da più di vent’anni, è importante creare relazioni di valore, è importante che si sentano bene in squadra. Un esempio su tutti è quello di Nello. Aveva problemi di obesità ed era vessato nel precedente lavoro. Da quando è entrato da noi ha perso tanti chili ed è finalmente felice. Me lo ha confessato in lacrime durante un viaggio in macchina. Mi ha davvero emozionato”.Dopo applausi, autografi e fotografie di rito lo chef Beck guadagna l’uscita per correre alla stazione e prendere il treno per Roma. Questa sera servizio, la sua brigata l’aspetta. Al cuor non si comanda.

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