“Proteggere i polmoni dalle radiazioni, sigillare gli infissi”. Piano contro attacchi nucleari consegnato ai magistrati romani

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Una dozzina di pagine. Che, a metà mattina, arrivano anche sui tavoli dei singoli giudici di Roma. Tra i quali si diffonde immediatamente grande preoccupazione. Perché un documento del genere, in anni e anni di lavoro, non lo avevano mai visto prima. Documento che Repubblica legge e di cui dà conto in esclusiva. Allarme soprattutto nel leggere come ci si deve comportare trovandosi a vivere una minaccia “biologica, chimica, radiologica, nucleare”. Un pericolo concreto dunque, evidente conseguenza di uno scenario di guerra. E il pensiero di tutti va, ovviamente, alle possibili conseguenze della guerra russa contro l’Ucraina. 

Quelle pagine provengono dal ministero della Giustizia, sono datate 10 maggio, e sono dirette ai vertici della magistratura italiana, a cominciare dai capi della Cassazione. Via Arenula si fa tramite, per conto del Viminale, di rendere noto, e quindi operativo, il “Piano nazionale per eventi con armi o agenti di tipo chimico, biologico, radiologico o nucleare”. Un piano, com’è scritto nella nota di accompagnamento, che “definisce le minacce, individua i possibili scenari, stabilisce le misure da adottare”. Toccherà al prefetto, con i vertici della magistratura, rendere concreta la protezione. 

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Intendiamoci subito, quelle dodici pagine non dicono che esiste già un pericolo. Alle orecchie della nostra intelligence non è giunta una segnalazione specifica di un rischio attentati che potrebbe colpire i nostri palazzi di giustizia. Su questo insistono le fonti ufficiali del ministero, paragonando questo Piano a quelli messi a punto durante il rischio Covid. Ma qui la materia è così fortemente “esplosiva” che chi legge, pagina dopo pagina, le indicazioni del Piano inevitabilmente si sente prendere dall’angoscia.

Per capire, ecco il passaggio che riguarda il rischio di possibili radiazioni. “Si consigliano quattro regole. Cercare riparo al centro di una stanza priva di finestre. Il luogo ideale che può essere considerato sicuro dal pericolo di radiazioni Gamma è quello in cui non è possibile la ricezione di trasmissioni radio in modulazione di frequenza”. E ancora: “Se possibile, riscaldare la stanza in quanto l’aria calda determina pressioni positive e ostacola la penetrazione dei contaminati”. E poi: “Usare le risorse disponibili per proteggere i polmoni e difendere il corpo dalle radiazioni muovendosi dietro un muro”. Infine: “Chiudere gli accessi d’aria, ivi comprese le fessure degli infissi, anche con metodi speditivi (carta, nastro adesivo…)”. 

Se le toghe romane non nascondono la paura, così non avviene altrove, per esempio a Milano. Dove il “Piano” evidentemente resta nelle mani dei capi. Del resto si tratta di fogli riservati, sottoposti espressamente a un protocollo di sicurezza. Ma tant’è. Adesso quelle dodici pagine girano di mano in mano, e la reazione che si coglie è una sola: “Faccio il magistrato da molti anni, ma una cosa del genere non l’avevo mai letta. Certo, lo sappiamo tutti che c’è la guerra. Ma pensare che quella nucleare arrivi nella mia stanza non può certo farmi stare sereno”. 

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Le preoccupazioni sono logiche. Del resto, la scansione del documento è lapalissiana quando indica “la tipologia della minaccia”, le “procedure d’intervento”, e ancora “le regole di comportamento” legate “al tempo di esposizione”. Non mette di certo tranquilli leggere che esiste il rischio della “diffusione nell’ambiente di agenti biologici quali virus, batteri, funghi, tossine, che sono in grado di causare malattie mortali per gli esseri viventi”. Né, tantomeno, che è possibile “una minaccia chimica, con la diffusione nell’ambiente di sostanze atte a provocare, per inalazione, assorbimento cutaneo o per ingestione, la perdita di vite umane”. Ed eccoci ancora alla “minaccia radiologica”, con “la diffusione di materiali radioattivi in grado di arrecare danni biologici all’uomo”. In cui concreti effetti dipendono “essenzialmente dalla dose di radiazioni assorbite dai soggetti coinvolti”. 

Cosa ha fatto chi, a piazzale Clodio, è arrivato alla fine delle 12 pagine? Le testimonianze ci dicono che un’angoscia profonda ha pervaso il palazzo. Con un commento: “Nemmeno ai tempi del terrorismo o degli attentati della mafia mi era capitato di leggere una cosa del genere”.

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