LONDRA – Golpe fallito o ammutinamento riuscito e poi ritirato, le “24 ore che hanno sconvolto la Russia”, come le chiama qualche commentatore anglosassone evocando il titolo del famoso libro-reportage del giornalista americano John Reed sulla rivoluzione bolscevica del 1917 (“Dieci giorni che sconvolsero il mondo”), hanno sicuramente scompigliato le carte in tavola, aprendo nuovi scenari, sia a Mosca che a Kiev e su altri fronti, dalla Cina all’Africa. Ecco una scheda su che conseguenze può avere il dramma in corso per cinque dei suoi protagonisti.
Russia, la trattativa sui capi delle forze armate è la partita che decide il futuro di Putin
dalla nostra inviata Rosalba Castelletti
Cosa farà Evgenij Prigozhin?
Il padre padrone dei mercenari del Gruppo Wagner aveva minacciato di conquistare il ministero della Difesa russo a Mosca e smentito Vladimir Putin sulle motivazioni che lo hanno indotto a invadere l’Ucraina. Ora si è ritirato, ufficialmente per “non spargere sangue” in un conflitto fratricida tra russi, accettando a quanto dicono altri, ma non lui, una sorta di esilio in Bielorussia in cambio del perdono per la sua insurrezione. Ma la Bielorussia è un teatro piccolo per un uomo che si sentiva finora in una posizione di potere dentro alla cupola del Cremlino, in grado di influenzare il presidente e le sorti di una guerra cruciale per il futuro di Putin. Da Rostov, la città che aveva occupato facendone la base per la “marcia su Mosca”, se n’è andato tra gli applausi della popolazione. Nessuno, né l’esercito regolare, né la polizia, né i servizi segreti, ha per il momento provato a fermarlo militarmente in modo serio. E nessuno sa dove sia esattamente Prigozhin in questo momento, né quali siano le sue intenzioni. Nemmeno è chiaro se le decine di migliaia di uomini del Gruppo Wagner lo seguiranno in Bielorussia, si arruoleranno nelle file dell’Armata russa come offerto da Putin o continueranno a servire gli interessi del Cremlino, o eventualmente i propri interessi economici, in molteplici Paesi africani. Ex-criminale indurito da un decennio di prigione, abituato a trovarsi in prima linea con i suoi soldati di ventura, Prigozhin non dà l’impressione di essere spaventato. Conoscendo bene Putin, tuttavia, sa che difficilmente il presidente lo perdonerà e si aspetta che la vendetta nei suoi confronti prima o poi arrivi: starà molto attento a non bere tazze di tè preparato da altri. Non è un idealista, né un democratico, per cui c’è da aspettarsi di tutto: da un trasferimento in Africa con il suo esercito privato a un attacco di Kiev partendo dall’Ucraina ad alleanze con altri nemici o rivali di Putin. Prigozhin è un tattico, non uno stratega, un uomo abituato a vivere alla giornata, sfruttando gli eventi, in una lotta perenne per la sopravvivenza, per arricchirsi, per sentirsi importante. Certo il suo ruolo in Medio Oriente, in Africa e in Ucraina deve averlo fatto sentire alla pari, se non superiore, ai politici e ai generali che siedono al sicuro negli uffici di Mosca. La sua battaglia appare destinata a continuare, ne abbiamo visto solo il primo capitolo.
Il destino di Prigozhin nella Russia che non ama i generali al potere
di Gianluca Di Feo
La posta in gioco per Putin
Un anno e mezzo fa il presidente russo aveva le proprie truppe alla periferia di Kiev. Ora ha dovuto confrontare una rivolta armata alle porte di Mosca. È la prova definitiva di quanto sia stata fallimentare per Putin l’invasione dell’Ucraina. Nel confronto con Prigozhin, per di più, il capo del Cremlino esce perdente: il comandante della Wagner si fa vedere di continuo in uniforme, abbraccia la gente per strada, combatte al fianco dei suoi mercenari, mentre Putin resta quasi sempre nascosto, nell’ombra, come impaurito. Esce diminuito dal tentato golpe anche nel confronto con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che nel febbraio 2022, poche ore dopo l’invasione, si faceva riprendere nelle strade di Kiev in un video dicendo al suo popolo “va tutto bene, siamo tutti qui, resisteremo”, mentre non si sa dove sia Putin: al Cremlino, alla dacia fuori Mosca, in volo verso Pietroburgo o altre destinazioni. L’ammutinamento della Wagner ha “aperto delle crepe” nel sistema di potere russo, ha commentato il segretario di Stato americano Antony Blinken: dentro alla crepa più grande potrebbe precipitare lo stesso Putin. Ma benché politicamente ferito, Putin è ancora vivo. Non se ne andrà senza provarle tutte. Potrebbe fingere una riappacificazione con Prigozhin, per tentare di eliminarlo in un secondo tempo. Potrebbe scatenare un inferno di atrocità ancora peggiori nella guerra in Ucraina. Potrebbe decidere di non ricandidarsi alle presidenziali della primavera 2024, in cambio di un salvacondotto che permetta a lui e alla sua famiglia di vivere tranquilli con un immenso patrimonio in Russia, esattamente come fece lui ricevendo il potere dal predecessore Boris Eltsin, messo al sicuro da ogni processo per corruzione con il primo decreto firmato da Putin, appena entrato al Cremlino, il 31 dicembre 1999. La certezza è che per ora il presidente esce fortemente indebolito da questa partita.
La delusione ucraina: “Wagner non è morta e attaccherà da Nord”
dal nostro inviato Fabio Tonacci
Il ruolo di Aleksandr Lukashenko
Il presidente bielorusso si è presentato come l’abile mediatore e risolutore della crisi. Praticamente nessuno crede che sia stato veramente lui a trovare la soluzione e a negoziare un accordo: più probabile che abbia fatto soltanto da prestanome, lasciandosi usare da Putin, che non poteva trattare di persona con Prigozhin dopo averlo definito “un traditore” nel discorso in tivù alla nazione. I rapporti fra Lukashenko e Putin non sono sempre stati buoni, talvolta sono stati tesi, pessimi. Ma ndopo averlo praticamente salvato da un’insurrezione popolare, all’indomani delle elezioni truffa del 2020, Putin ha fatto del presidente bielorusso un suo fantoccio. Da allora Puti ha usato la Bielorussia per attaccare l’Ucraina. Vi ha installato armi nucleari tattiche. Ha costretto Lukashenko ad accettare l’idea di una “unione” con la Russia. Nel disegno putiniano di ricostruire almeno la parte slava dell’Urss, Ucraina e Bielorussia dovevano diventare stati vassalli, se non addirittura annessi alla Russia. La sfida lanciata da Prigozhin può cambiare le cose, almeno nel breve termine. Lukashenko guadagna benemerenze a Mosca. Ma nel lungo termine rimane debole. Per quanto al potere dal 1994, avrebbe tutto da temere dal tenersi in casa un lupo famelico come Prigozhin e la sua armata di feroci mercenari disposti a tutto. Il paradosso è che il destino di Lukashenko è legato a quello di Putin. Se il presidente russo cade, il suo collega bielorusso non resterà a lungo al sicuro.
I vertici della Difesa
In un certo senso sono loro ad avere fatto la figura peggiore: Putin almeno è apparso in tivù, Prigozhin si è ritirato fra gli applausi della popolazione di Rostov, mentre il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di stato maggiore Valerij Gerasimov sembrano dei fantasmi, figure evanescenti, che per adesso resistono sulle proprie poltrone ma potrebbero anche scomparire da un momento all’altro. La scena dei loro vice, mandati a confabulare con Prigozhin a Rostov come timidi scolaretti davanti a un maestro, lasciandosi riprendere dalle telecamere per un video finito su tutti i social, aveva qualcosa di surreale, di assurdo e di patetico al tempo stesso. Il fatto che i mercenari della Wagner abbiano potuto occupare Rostov e poi marciare verso Mosca senza incontrare resistenza sembra un segnale di debolezza delle forze armate. Generali rivali bramano di prendere il posto di Shoigu e Gerasimov e potrebbero presto riuscirci, giurando fedeltà a Putin. Il comportamento dei vertici militari negli ultimi giorni conferma gli errori e le sconfitte della guerra in Ucraina, dove l’unica vittoria (di Pirro) russa è arrivata a Bakhmut, grazie alla Wagner di Prigozhin e al costo di immensi sacrifici di uomini. Tutto ciò trasmette segnali poco incoraggianti agli ufficiali di grado più basso, ai sottufficiali che conducono i soldati in battaglia e agli stessi soldati di leva russi attualmente impegnati in Ucraina: perché dovrebbero rischiare di morire, in un contesto simile?
L’impatto sulla guerra in Ucraina
E questo è appunto il quinto scenario carico di incertezze aperto dal tentato golpe di Prigozhin. Senza di lui e del suo esercito personale, cosa potrà ottenere la Russia in Ucraina? Per 24 ore, gli ucraini hanno sperato che a Mosca crollasse tutto: lo stesso Prigozhin ha dichiarato che non c’era alcun bisogno di invadere l’Ucraina, che è stata tutta una truffa causata dai generali e dai capi dei servizi segreti russi. In teoria, se la mossa a sorpresa di Prigozhin avesse avuto successo, le forze russe avrebbero potuto ritirarsi e il conflitto fermarsi almeno con un cessate il fuoco. Ma Kiev non si fida di Prigozhin, che ha usato massacri e violazioni dei diritti umani come arma di guerra in tutti i conflitti a cui ha preso parte. Il presidente Zelensky sa che Putin potrebbe reagire a una sfida per lui mortale alzando la posta, con bombardamenti ancora più intensi, con il ricorso ad armi ancora più letali. La guerra non è finita. Ma la crisi in Russia arriva al momento propizio per la controffensiva ucraina, che proverà sicuramente ad approfittarne.